Ecco il mio articolo sul burn out!
http://www.davidealgeri.com/sindrome-del-burn-out.html
psicologia evolutiva e scolastica
mercoledì 25 aprile 2012
sabato 31 marzo 2012
Dislessia: un nuovo programma di prevenzione.
http://www3.lastampa.it/scienza/sezioni/galassiamente/articolo/lstp/448454/
in questo interessante articolo si mette in rilievo come, attraverso una metodologia di screening americana, si possano individuare precocemente i bambini a rischio di sviluppare disturbi del linguaggio e future forme di dislessia.
Scopriamo insieme come... Al via i vostri commenti!
Buona lettura!
in questo interessante articolo si mette in rilievo come, attraverso una metodologia di screening americana, si possano individuare precocemente i bambini a rischio di sviluppare disturbi del linguaggio e future forme di dislessia.
Scopriamo insieme come... Al via i vostri commenti!
Buona lettura!
domenica 18 marzo 2012
E se la disattenzione non fosse un sintomo o una cosa negativa?
La creatività dei bimbi distratti - Corriere.it
Questo l' articolo riportato dal Corriere, con il quale mi trovo d' accordo... I bambini più distratti sono anche sempre i più creativi... Sta a noi adulti saper incanalare la loro disattenzione e volgere al positivo quello che sembra invece qualcosa di negativo e che inficia la quotidianità, soprattutto scolastica...
Voi cosa ne pensate?
Questo l' articolo riportato dal Corriere, con il quale mi trovo d' accordo... I bambini più distratti sono anche sempre i più creativi... Sta a noi adulti saper incanalare la loro disattenzione e volgere al positivo quello che sembra invece qualcosa di negativo e che inficia la quotidianità, soprattutto scolastica...
Voi cosa ne pensate?
venerdì 16 marzo 2012
Difficoltà in matematica? Ecco come prevenirle
Leggiamo insieme questo articolo e poi commentiamolo...
Non volete figli somari in matematica? Fateli giocare con i puzzle dai 2 ai 4 anni - Corriere.it
Non volete figli somari in matematica? Fateli giocare con i puzzle dai 2 ai 4 anni - Corriere.it
mercoledì 28 dicembre 2011
IL BULLISMO: INDICAZIONI PER COMPRENDERE COSA ACCADE:
Il termine bullismo
deriva dalla parola inglese “bullying”. Il bullismo viene definito come “un’oppressione,
psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una
persona - o da un gruppo di persone - più potente nei confronti di un’altra
persona percepita come più debole”[1].
Secondo Olweus[2]
“uno studente è oggetto di bullismo, ovvero è prevaricato e vittimizzato,
quando
viene esposto,
ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte
di uno o più compagni”. Più specificamente “un comportamento ‘bullo’ è un tipo
di azione che mira deliberatamente a far del male o a danneggiare; spesso è
persistente, talvolta dura per settimane, mesi, persino anni ed è difficile
difendersi per coloro che ne sono vittime. Alla base della maggior parte dei
comportamenti sopraffattori c’è un abuso di potere e un desiderio di intimidire
e dominare”[3].
Gli autori distinguono
vari tipi di azioni bullistiche, che coprono una gamma di comportamenti, più o
meno aggressivi e più o meno diretti.
Possiamo ad esempio riscontrare, il bullismo
diretto fisico, tra cui si annoverano una serie di comportamenti, come
il picchiare, prendere a calci e a
pugni, spingere, dare pizzicotti, graffiare, mordere, tirare i capelli,
appropriarsi degli oggetti degli altri o rovinarli. Questo tipo di bullismo
mira ad un’ intimidazione e sopraffazione di tipo fisico ed in genere è
utilizzata dai bulli di sesso maschile. Oltre al bullismo diretto fisico possiamo
anche riscontrare il bullismo diretto verbale, che implica il minacciare,
insultare, offendere, prendere in giro, esprimere pensieri razzisti, estorcere
denaro o beni materiali. Anche in questo tipo di bullismo l’ azione tende ad
intimidire, e a sopraffare, anche se non si arriva allo scontro fisico, ed è
operata, per la maggior parte delle volte, da bulli di sesso maschile. L’ altra
forma di bullismo, molto più celata e sottile, solitamente operata dalle
femmine, è il bullismo indiretto: si gioca più sul piano psicologico,
il fenomeno è meno evidente e più difficile da individuare, ma non per questo
meno dannoso per la vittima. Esempi di bullismo indiretto sono l’esclusione dal
gruppo dei coetanei, l’isolamento, l’uso ripetuto di smorfie e gesti volgari,
la diffusione di pettegolezzi e calunnie sul conto della vittima, il
danneggiamento dei rapporti di amicizia.
Il bullismo è un
disagio relazionale, che si attua, come più sopra detto, tra persone “più
potenti” ai danni di persone “più
deboli”, in un periodo prolungato di tempo. Il fenomeno assume quindi
caratteristiche ben precise, che sono quelle della continuità degli atti aggressivi nel tempo e dell’ asimmetria degli attori
coinvolti: in genere il bullo è un bambino o ragazzo più forte della media dei
coetanei e la vittima è sempre più debole della media dei coetanei. Spesso gli
atti di bullismo vedono coinvolti un singolo soggetto con un altro, ma non è
escluso il caso in cui a mettere in atto le prepotenze sia un gruppetto di 2 o
3 persone ai danni di una sola vittima.
Per poter parlare di
bullismo dobbiamo però anche capire cosa invece non rientra in tale fenomeno.
Non possiamo parlare
di bullismo, ad esempio, quando due studenti, pressappoco della stessa forza
fisica o psicologica, litigano o discutono, perché verrebbe a mancare l’
asimmetria. Questi atti, definiti in letteratura “quasi aggressivi”, non
costituiscono forme di bullismo, ma mettono in scena una relazione alla pari,
in cui non c’è prevalenza di uno studente, ma un’ alternanza di ruoli tra
prevaricante e prevaricato.
Non possiamo parlare
di bullismo nemmeno relativamente ad atti di estrema gravità, vicini al reato,
perché in questo caso si parla di atti anti-sociali e devianti, che nulla hanno
a che vedere con il bullismo.
Essendo il bullismo un
fenomeno relazionale, come più sopra esplicitato, deve essere letto in una prospettiva
più ampia che consideri sia fattori individuali, sia familiari, sia sociali che
scolastici. All'origine del bullismo, c'è un’incapacità dei ragazzi a
controllare le proprie emozioni, spesso dovuta alla fragilità del sistema
educativo. In primis la famiglia, che ha un ruolo importantissimo nella
prevenzione del bullismo, poiché è chiamata ad educare bambini e ragazzi
all’empatia, al rispetto delle regole, alla prosocialità e alla non-violenza,
spesso scontrandosi con i valori veicolati dalla cultura dominante.
Essendo un disagio
tipicamente relazionale, dunque, è anche importante analizzare il tipo di
rapporto che si è venuto a creare tra bullo e vittima, analizzando anche il
contesto allargato classe, nel momento in cui il bullismo è attuato a scuola.
Vediamo quindi ora chi
sono i “protagonisti” coinvolti nelle dinamiche bullistiche, per comprendere
ancor più approfonditamente le dinamica del bullismo.
In primis troviamo il
bullo, che prevarica su una vittima, ma la “scena”, proprio come evoca la
parola, spesso non passa inosservata e implicati nel processo ci sono anche gli
“spettatori”. Ognuno di questi ruoli assume caratteristiche specifiche e all’
interno di queste categorie possiamo riscontrare sfumature rilevanti. Possiamo
quindi distinguere i bulli in bulli
dominanti e bulli gregari
; tra le vittime invece possiamo distinguere tra vittima passiva o sottomessa e
vittima provocatrice. Tra gli
spettatori poi, vi sono i sostenitori
del bullo , i difensori della
vittima e la cosiddetta
“maggioranza silente”.[4]
·
IL BULLO DOMINANTE: ha una forte necessità di
autoaffermazione e di dominio, motivo per cui risulta spesso popolare tra i
compagni. Il controllo emotivo è spesso labile, tendendo ad essere impulsivo ed
irascibile. Per tali soggetti risulta difficile seguire un sistema di regole,
mancando completamente di empatia, comportamenti pro sociali ed altruistici.
Per questa ragione il bullo dominante non riesce a comprendere il disagio
provato dalle sue vittime, anzi ritiene che si meritino di essere punite. Il
livello di autostima in questi soggetti risulta molto elevato, sono abili nelle
attività sportive e di gioco e il loro rendimento scolastico, variabile durante
la scuola elementare, tende a peggiorare negli anni successivi, portando spesso
ad un’ interruzione nel percorso di studi.
·
IL BULLO GREGARIO: solitamente sono un gruppetto, di due
o tre persone, che sono “seguaci” o “sobillatori” del bullo dominante e sono
definiti bulli passivi. Le caratteristiche di questi ragazzi sono più eterogenee:
si muovono in piccolo gruppo, sostengono il bullo, non prendono iniziative. Per
quanto riguarda gli elementi di personalità riscontriamo invece tratti ansiosi
e insicuri, difficoltà scolastiche, che portano ad avere rendimenti scarsi nei
processi di apprendimento. L’ aggregazione in piccolo gruppo, ma soprattutto il
supporto al bullo, derivano dal fatto che sono persone che godono di scarsa
popolarità tra i compagni e credono che lo “stare dalla parte del più forte”,
possa renderli maggiormente visibili anche agli occhi degli altri. Rispetto al
bullo dominante sembra essere più empatico nei confronti delle vittime e
provare sensi di colpa per le angherie commesse.
·
LA VITTIMA PASSIVA/SOTTOMESSA: di solito è un soggetto più debole,
rispetto alla media dei coetanei e presenta una personalità più sensibile, timoroso,
fragile, ansioso ed insicuro. Come i bulli gregari, ha una bassa autostima, è
spesso solo ed escluso dal gruppo dei pari, anche perché fisicamente è poco
dotato, impacciato, ha paure relative al proprio corpo (ad esempio ha paura di
farsi male). Ricerca protezione negli adulti e non è capace di difendersi, spesso
reagisce alle prepotenze piangendo e chiudendosi in se stesso. Il suo
rendimento scolastico è oscillante e tende a peggiorare con il passare degli
anni. Continua a subire le prepotenze sia perché si auto colpevolizza, sia perché
teme che “facendo la spia” le prepotenze subite aumentino.
·
LA VITTIMA PROVOCATRICE: al contrario della vittima passiva,
questo tipo di vittima reagisce agli attacchi del bullo, provocando a sua volta
e rispondendo anche con attacchi fisici alle prepotenze subite (pur senza
esito). proprio per questi motivi viene definito “bullo-vittima”. Le
caratteristiche salienti di questo tipo di vittima tendono a descriverlo come
un ragazzo, generalmente di sesso maschile, irrequieto, iperattivo, impulsivo,
talvolta goffo e immaturo. Provoca negli altri, anche negli adulti, sentimenti
di fastidio, per via dei suoi atteggiamenti, insicuri e irritanti. A scuola
fatica a concentrarsi e teme per la propria incolumità fisica.
·
GLI “SPETTATORI”: sono quella parte di bambini e ragazzi, che
pur non essendo coinvolti direttamente nelle azioni bullistiche, ne sono a
conoscenza. Si stima infatti che circa l’85% degli episodi di bullismo avviene in presenza del
gruppo dei pari. gli “spettatori” potrebbero quindi assumere un ruolo
importante nel favorire o frenare gli episodi a cui assistono. Purtroppo nella
maggior parte dei casi la maggioranza rimane “silente” e gli episodi non
vengono denunciati. Aiutando quindi la maggioranza “silenziosa” ad uscire dall’
omertà si potranno anche far cessare gli atti di bullismo. Gli spettatori
possono utilizzare diverse strategie, più o meno dirette, per fermare le
prepotenze, come ad esempio, far intervenire gli adulti, oppure esprimere
direttamente la disapprovazione per i comportamenti prevaricatori (per es.
dicendo esplicitamente al bullo di smetterla); altre strategie potrebbero
essere volte all’ aiuto diretto alla vittima, cercando di aiutarla a sottrarsi
alla situazione, includendola nel proprio gruppo di pari, o sollecitando i pari
a non appoggiare i bulli. La vittima in questo modo può sentirsi accolta e
supportata dai pari, riconoscendo in loro un’ opportunità per poter chiedere
aiuto.
E’ vero il detto “l’
unione fa la forza”, proprio perché più il gruppo diventa compatto e non
terrorizzato dal bullo e meno il bullo potrà perpetrare le sue azioni
prevaricatorie. I comportamenti assertivi sono quelli che vanno rinforzati perché
permettono alle vittime e agli spettatori di affermare i propri punti di vista,
esprimere le proprie opinioni, le proprie emozioni, senza prevaricare né essere
prevaricati. per sviluppare armonicamente una modalità comunicativa assertiva basta
è necessaria una corretta educazione emotiva e sentimentale. Conoscendo meglio
se stessi e le proprie emozioni, si è anche maggiormente in grado di affrontare
condizionamenti ambientali negativi. Prossimamente affronterò il tema del
bullismo dal punto di vista dei genitori e degli insegnanti.
domenica 18 dicembre 2011
"Dislessia o un problema diverso?"
http://www.educare.it/j/community/laltranotizia/1667-dislessia-o-un-problema-diverso
In questo interessante articolo si parla della diagnosi differenziale in caso di dislessia... Oggi ci sono tantissime segnalazioni di disturbo dell' apprendimento o di Esigenza Educativa Speciale, ma bisogna capire che non sempre dietro ad un disturbo dell' apprendimento si cela un disturbo a base neurobiologica, come ad esempio la dislessia, o la disortografia... Quei disturbi dell' apprendimento che vengono in letteratura definiti come SPECIFICI. Spesso invece il bambino che presenta deficit nel processo dell' apprendimento nasconde problematiche di carattere emotivo e psicologico, che vanno quindi supportate adeguatamente... Quello che intendo dire è che differenziando le diagnosi adeguatamente possiamo aiutare meglio i bambini, trovando il percorso a loro più consono e che li possa aiutare davvero efficacemente!
In questo interessante articolo si parla della diagnosi differenziale in caso di dislessia... Oggi ci sono tantissime segnalazioni di disturbo dell' apprendimento o di Esigenza Educativa Speciale, ma bisogna capire che non sempre dietro ad un disturbo dell' apprendimento si cela un disturbo a base neurobiologica, come ad esempio la dislessia, o la disortografia... Quei disturbi dell' apprendimento che vengono in letteratura definiti come SPECIFICI. Spesso invece il bambino che presenta deficit nel processo dell' apprendimento nasconde problematiche di carattere emotivo e psicologico, che vanno quindi supportate adeguatamente... Quello che intendo dire è che differenziando le diagnosi adeguatamente possiamo aiutare meglio i bambini, trovando il percorso a loro più consono e che li possa aiutare davvero efficacemente!
domenica 20 novembre 2011
L' abuso sui minori: perchè è importante parlarne agli insegnati.
Da poco ho seguito un corso sul maltrattamento, la violenza e l' abuso, rivolto alle insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado. Durante tutti gli interventi che sono stati effettuati durante il corso, da psicologi, avvocati, PM, è stata sottolineata l' estrema importanza sia di un' attenzione mirata a determinati segnali che potrebbero condurre al sospetto di abuso e maltrattamento, ma soprattutto al lavoro in rete con tutte le figure preposte per intervenire in questi casi e un intervento con il minore che non miri ad influenzare le sue risposte, ma che comunque sia volto a dei chiarimenti.
In particolare è importante parlare di abuso agli insegnanti per due ragioni.
Una è quella di cui già accennavo: l' insegnante, in particolare quella della scuola dell' infanzia o elementare, rappresenta, accanto ai genitori, una delle figure adulte di riferimento più importanti per un bambino, che passa molte ore della giornata a scuola. Un insegnante conosce i propri alunni in modo profondo, e nota i cambiamenti di comportamento e umore che possono essere sintomo di disagio psicologico. Talvolta proprio questi cambiamenti costituiscono gli elementi che fanno sospettare la presenza di abuso e maltrattamento.
La seconda ragione è perchè, in alcuni casi, gli autori accusati di abusi e maltrattamenti sono proprio gli insegnanti stessi, in particolare maestre di asili nido o scuole dell' infanzia. Anche in questo caso bisogna stare molto attenti agli errori di valutazione. I nostri docenti di corso hanno più volte mostrato come questo sia un campo estremamente delicato, non solo per le tematiche trattate, ma anche per gli errori di valutazione che si possono commettere... A volte i bambini sono strumenti nelle mani degli adulti e servono ad accusare un genitore piuttosto che un altro oppure ad incriminare maestre che in realtà non sono colpevoli... La riflessione è che comunque, sebbene il bambino possa anche non essere stato vittima di abuso, in realtà è stato strumentalizzato ed ha comunque subito un' interferenza nella normale crescita psicofisica, da parte degli adulti di riferimento. I bambini infatti tendono a raccontare quello che l' adulto vuole sentir dire, e i loro resoconti sono fin troppo facilmente modificabili. Addirittura agli inizi del '900 il dott. Varendonck, medico legale, che nelle sue cause aveva spesso a che fare con bambini delle scuole elementari, aveva condotto un esperimento su bambini di seconda e terza elementare, chiedendo loro di che colore fosse la barba del loro maestro. In entrambi i casi, con una percentuale quasi pari al 100% i bambini risposero nera o marrone... Il problema era che i maestri dei bambini intervistati non portavano la barba. Questo portò Varendonck a sottolineare l' inattendibilità della testimonianza dei bambini nei tribunali, a causa della loro elevata "compliance" nei confronti dell' adulto. Fortunatamente molta strada è stata fatta nella ricerca sull' attendibilità della testimonianza dei bambini, in parte smentendo i risultati a cui era giunto Varendonck. Ad oggi i bambini vengono sentiti come testimoni nei procedimenti che li riguardano. Dagli studi relativi allo sviluppo dei diversi tipi di memoria nei bambini, è infatti emerso che la memoria episodica ed autobiografica, su cui si basa il presupposto della testimonianza, sarebbe già sviluppata intorno ai due anni e mezzo. Già a quell' età il bambino inizia a ricordare episodi recenti della propria vita e con l' età riesce a ricordare episodi sempre più lontani nel tempo, per cui a tre anni riesce a ricordare avvenimenti accaduti sei mesi prima, a cinque anni, avvenimenti accaduti fino a due anni prima. Il ricordo di un bambino è attendibile/affidabile però , solo quando il ricordo è spontaneo e non sollecitato da domande. La memoria del bambino infatti è estremamente malleabile e modificabile.
Le domande dunque modificano il ricordo, e in particolare questo accade con domande sbagliate o mal poste, e con modalità di conduzione dell' intervista inadeguate. Domande sbagliate sono:
- le domande chiuse (ad esempio: "Eri in bagno?")
- le domande inducenti (ad es. "cosa ci facevi in bagno?", implica che la persona fosse in bagno; "C' era un uomo o una donna?" fa ritenere che una persona fosse comunque presente)
- le domande fuorvianti (inserire degli elementi non veri nelle domande inducenti)
- presenza di ricatti/premi verbali e non verbali (ad es. "se dici bugie la mamma non ti vuole più bene")
- il dare un feedback sui contenuti del resoconto ("bravo, hai detto bene...", oppure "no, questo non è vero, dici bugie...").
- forzare un contenuto.
La possibilità di individuare situazioni di abuso sessuale nei bambini tramite indicatori fisici e comportamentali è estremamente delicata.
In primis, esistono pochissimi indicatori fisici di abuso, ossia pochissimi elementi che con certezza indichino che abuso sessuale c'è stato. Questi sono la presenza di malattia veneree, gravidanza e chiari danni alle mucose dei genitali che non siano attribuibili ad altre cause, quali infezioni, deformazioni congenite, ecc. Gli altri indicatori fisici sono indicatori di sospetto, e talvolta neppure di sospetto.
Situazione ancor più incerta è quella relativa agli indicatori comportamentali.
Questi al massimo possono essere considerati indicatori di sospetto, anche se tutti rappresentano forme di disagio che possono essere fatte risalire ad altre cause che niente hanno a che fare con l' abuso.
In genere tali indicatori sono raggruppabili in quanto segue:
- paure vaghe e specifiche
- insonnia, disturbi del sonno, incubi
- problemi di apprendimento
- depressione, tentativi di suicidio
- promiscuità
- aggressività, ostilità o passività fuori carattere
- attività sessuale non conforme all' età.
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