Oggi
sempre più spesso si sente parlare di disturbi dell’ apprendimento, di
dislessia, di discalculia, di disortografia, di disgrafia... Ma che cosa sono
davvero questi disturbi e come fare ad accorgersi se i nostri figli ne
soffrono? A che età è possibile individuarli? Qual è il percorso di cura per
questi disturbi?
Innanzitutto
bisogna specificare che tutti i disturbi sopracitati, rientrano nella
macro-categoria dei Disturbi dell’ Apprendimento.
Per definire
i Disturbi dell’ Apprendimento mi
riferirò alla descrizione che ne fa il Manuale Diagnostico psichiatrico DSM IV[1].
Nel DSM IV si parla di Disturbi dell’ Apprendimento, Disturbi della
Comunicazione e Disturbo delle Capacità Motorie.
Tra i Disturbi dell’
Apprendimento vengono annoverati:
·
Disturbo
della Lettura;
·
Disturbo
del Calcolo;
·
Disturbo
dell’ Espressione Scritta;
·
Disturbo
dell’ Apprendimento non Altrimenti Specificato.
In questo articolo
prenderemo in considerazione solo la macro-categoria del Disturbo dell’ Apprendimento, confrontandola con la macro-categoria
del Disturbo Specifico dell’ Apprendimento, e gradualmente sviscereremo le
caratteristiche di ognuna delle sottocategorie citate, per poi parlare anche
dei Disturbi della Comunicazione e
del Disturbo delle Capacità Motorie, nei
prossimi articoli.
Il
DSM IV esplicita che un disturbo dell’ Apprendimento viene diagnosticato “quando le acquisizioni, misurate attraverso
test standardizzati, risultano sostanzialmente inferiori a quanto prevedibile
rispetto all’ età, al livello di intelligenza e all’ esperienza scolastica del
bambino. Inoltre, i problemi di apprendimento debbono interferire
significativamente con le acquisizioni scolastiche, o con le attività
giornaliere che richiedono queste capacità”[2].
Se
distinguiamo i profili fondamentali che potrebbero sottostare a una difficoltà
scolastica importante ci accorgiamo che potremmo ritrovare le seguenti
categorie[3]:
1.
Condizione di handicap (mentale, sensoriale, visivo o
uditivo, multiplo), con una percentuale intorno all’ 1,2%;
2. Disturbo
specifico dell’ apprendimento: intorno al 4%;
3. Disturbi
specifici collegati: disturbo
di attenzione ed iperattività (DDAI) e altre problematiche evolutive severe
(autismo ad alto funzionamento, disturbi del comportamento, problematiche
emotive gravi, ecc.), con percentuale intorno al 4%;
4. Svantaggio
socio-culturale grave (condizioni
di deprivazione precoce, appartenenza a gruppi svantaggiati e/o stranieri).
5. Difficoltà
scolastiche in altre aree scolastiche rilevanti, quali la lingua straniera, aspetti avanzati
dell’ apprendimento matematico, le abilità trasversali di studio, ecc.
Bisogna tener presente che
non sempre i confini, tra queste categorie, sono evidenti e inoltre due
problematiche possono essere compresenti, senza poter stabilire, in modo
inequivocabile che l’ una è la conseguenza dell’ altra.
A causa dell’ eterogeneità
di questi disturbi, che assumo caratteristiche diverse nei diversi soggetti, è
spesso complicato diagnosticare un disturbo specifico di apprendimento. Infatti si parla di disturbo dell’
apprendimento (non categorizzabile come specifico)
in presenza delle altre patologie o anomalie, sensoriali, neurologiche,
cognitive, psicopatologiche), sopra citate, che normalmente costituiscono
criterio di esclusione, per diagnosi di DSA (Disturbo specifico dell’ Apprendimento).
IL DISTURBO SPECIFICO DELL’ APPRENDIMENTO:
Una
definizione di cosa si intende per disturbo specifico dell’ apprendimento (DSA),
la possiamo trovare nelle “Raccomandazioni
per la pratica clinica sui disturbi specifici dell’ apprendimento”, del
gennaio 2007, elaborate dai rappresentanti delle principali organizzazioni dei
professionisti che si occupano di questi disturbi (psicologi, logopedisti,
neuropsichiatri infantili, pediatri, ecc.).
Nelle
Raccomandazioni si ribadisce che la principale caratteristica di definizione di
questa “categoria nosografica” è quella della “specificità”, con riferimento al
fatto che il disturbo interessa uno specifico dominio di abilità, in modo
significativo ma circoscritto, lasciando intatto il funzionamento intellettivo
generale.
Questi
disturbi hanno carattere “evolutivo” e quasi sempre riscontrano una comorbilità
(cioè la presenza contemporanea) con altri disturbi; inoltre è ormai stabilito
il carattere neurobiologico che, oltre ai fattori ambientali, determina le
anomalie processuali che caratterizzano i DSA.
Tra
i punti più significativi delle Raccomandazioni si possono sottolineare i
seguenti:
·
La
precisa definizione di dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia;
·
L’
indicazione di quanto si devono allontanare i risultati dei test
standardizzati, specifici per le varie abilità, dai parametri ritenuti nella
norma;
·
la
raccomandazione a far riferimento a strumenti con adeguate norme e proprietà
psicometriche;
·
L’
indicazione di un Quoziente Intellettivo inferiore a 85 come criterio di
esclusione per diagnosi di DSA;
·
L’
invito a porre attenzione anche alle condizioni in cui non sono soddisfatti
tutti i criteri di esclusione (ad es. presenza di problemi neurologici o
sensoriali), per capire se il problema di apprendimento sia realmente
compatibile con tale condizione;
·
La
raccomandazione di non fare diagnosi prima di due anni di regolare
scolarizzazione per quanto riguarda dislessia e disortografia e tre anni per
quella di discalculia;
·
La
raccomandazione di concludere ogni valutazione con un referto scritto;
·
L’
indicazione di precise condizioni di rischio rilevabili al termine del primo
anno di scuola primaria, da tenere sotto controllo anche con interventi di
supporto all’ apprendimento,
·
L’
indicazione precisa delle caratteristiche di un progetto riabilitativo e la
specificazione tra riabilitazione e abilitazione.
Di tali
punti rilevanti avremo modo di parlarne, per approfondirli prossimamente.
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